Linkedin: come mi ha permesso di trovare lavoro

Linkedin mi ha sempre trasmesso un certo timore reverenziale, a dirla tutta non mi sono mai fidata molto di questa piattaforma, ma era solo una questione di pregiudizio. E di scarsa conoscenza del suo funzionamento e delle sue funzionalità.

Un paio di mesi fa ho letto con interesse un contenuto gratuito firmato da uno dei miei autori di riferimento per la comunicazione online: il titolo di questo contenuto era semplicemente “Linkedin formula”. Ma è stato il sottotitolo ad attrarre la mia attenzione e a convincermi ad una più attenta valutazione dello strumento social – anche se dovrei dire “Community” – più importante per i professionisti.

Come usarlo per ottenere attenzione, opportunità e lavoro”.

Avevo già aggiornato e riorganizzato il mio CV, basandomi su alcuni criteri che applico da sempre e di cui ho più volte potuto constatare l’efficacia…ma di questo parlerò in un altro post.

Non dovevo far altro che rendere il mio profilo Linkedin altrettanto ben organizzato, efficace e perché no, appetibile per i recruiter.

Un compito non di poco conto. Non basta elencare le proprie competenze ed esperienze: queste da sole, infatti, se da un lato danno risposte ai recruiter, dall’altro sono convinta che non bastino per essere notati; il segreto non sta tanto nel fare liste delle cose in cui siamo bravi, quanto piuttosto nel modo in cui esprimiamo le nostra abilità.

Mi spiego meglio.
Rispondendo alle domande:

  1. quali sono le mie aree di competenza?
  2. quali sono le aree produttive che mi interessano?
  3. quali sono le persone dalle quali voglio farmi trovare?

abbiamo già in mano buona parte del controllo dell’efficacia del nostro account.

Per mirare a questo obiettivo, dunque, sarà di fondamentale importanza:

  • dare risalto a skill che è bene far emergere per prime rispetto ad altre;
  • fare molta attenzione alla coerenza fra ciò che scegliamo appaia nella sintesi delle competenze e i lavori che abbiamo effettivamente svolto;
  • fare molta attenzione anche alla cronologia, agli aggiornamenti, alle informazioni utili a rappresentare la nostra carriera;
  • dichiarare in modo strategico i nostri obiettivi;
  • mostrare i nostri migliori risultati;
  • interagire con il pubblico che ci sta a cuore
  • costruire la nostra rete in funzione dei nostri obiettivi.

Sarò onesta, servono diverse ore al giorno per tutto questo. Linkedin deve divenire un ambiente nel quale informarsi, consultare, effettuare ricerche, analizzare, e non basta dare un’occhiata ogni tanto; se si vuole davvero lavorare di qualità sul proprio profilo, bisogna famigliarizzare con un ecosistema dove sono presenti non solo profili di persone, ma anche contenuti di qualità, news, e possibilità di interazione che sono sempre guidate da una logica di comunanza e appartenenza, mai di fittizio ed emozionale.

Ho trascorso in media 3 ore al giorno sulla community di Linkedin e alla fine ho capito come emergere e come mostrare le mie migliori “armi” professionali, le mie leve. In pratica ho attuato la mia opera di personal branding, che è ancora in divenire, non è compiuta. Non lo è mai!

Un’attività di personal branding organizzata serve a rispondere al primo obiettivo dei recruiters che è – ricordiamolo – trovare il match fra la ricerca e disponibilità, ma non solo: serve a generare domande quali: cosa può darmi questa risorsa? quali sono le caratteristiche che lo rendono vincente per una data posizione?
Nessuno di noi può essere solo risposte, altrimenti non ci sarebbero più domande.

“Non bisogna essere la risposta, bisognerebbe essere la domanda.” [JadeRimondi]

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